Cos’è l’ipersincerità
L’ipersincerità è un tratto neurologico.
Non è una scelta.
Non è maleducazione.
È una modalità di funzionamento.
Chi è ipersincero dice ciò che pensa, senza adattarlo.
Non filtra. Non valuta il contesto. Non lo fa per ferire.
È solo che non gli viene automatico calibrare.
Vede una cosa. La dice.
I “come stai” che non vogliono risposta
Ti chiedono: “Come stai?”.
Tu rispondi. Davvero.
Dici se stai male.
Dici che sei stanco. Che hai l’ansia.
Dici tutto, perché ti hanno chiesto.
E poi vedi l’espressione dell’altro cambiare.
Capisci che hai detto troppo.
Di nuovo.
Ti dicono che certe cose non si dicono.
Che non si raccontano i fatti propri.
Che quella domanda era solo un modo di dire.
Ma a te nessuno l’ha spiegato.
E non lo intuisci da solo.
Perché se una cosa viene chiesta, per te merita risposta.
Quando dici troppo… e non sai come proteggerti
Ci sono cose che non si dovrebbero dire.
Non perché siano sbagliate. Ma perché non tutti sono in grado di accoglierle.
Eppure, se qualcuno ti chiede qualcosa di personale, rispondi.
Perché non ti viene naturale mentire.
Perché pensi che, se ti fanno una domanda, vogliono davvero sapere.
E così racconti. Anche quando sarebbe più sicuro tacere.
E poi arriva il gelo. Il giudizio. Lo sguardo che si spegne.
E tu capisci di aver detto troppo, ancora una volta.
Non è che ti manchi il buon senso.
È che non ti viene automatico filtrare.
Non percepisci che certe cose si dicono solo se c’è fiducia, ascolto, spazio.
Tu vedi solo la domanda. E rispondi.
Quando cresci così
Ti correggono da piccolo.
Ti zittiscono.
Ti dicono che sei inopportuno.
Che certe cose non si dicono davanti agli altri.
Che devi imparare a tacere.
Ma nessuno ti insegna come.
Ti dicono che non si fa, ma non ti spiegano perché.
Così impari che dire la verità ti mette nei guai.
Eppure continui a farlo. Perché non riesci a farne a meno.
E ogni volta, il risultato è lo stesso: vergogna, isolamento, rimprovero.
Cosa succede dopo anni di batoste
Chi è ipersincero, se riceve abbastanza colpi, cambia.
Non nel funzionamento. Ma nella risposta.
Alcuni smettono di dire. Si chiudono.
Non perché non abbiano più verità da offrire, ma perché non si sentono più al sicuro.
Diventano silenziosi. Apparentemente riservati.
Ma dentro si portano addosso una convinzione:
che la loro verità è dannosa.
Che è meglio trattenerla, soffocarla, non rischiare più.
Altri provano a imparare a mentire.
Ma non ci riescono.
Il corpo li tradisce:
voce che trema, sguardo sfuggente, movimenti rigidi.
Si nota. Si sente.
Perché mentire per loro è una forzatura che genera ansia, disagio, vergogna.
Il cervello non regge quella distorsione.
E chi li guarda spesso capisce subito che c’è qualcosa che non torna.
Alcuni imparano a mentire… troppo
Dopo anni di correzioni, giudizi e punizioni, imparano che dire la verità fa male.
E iniziano a mentire per proteggersi.
Ma lo fanno male. In modo forzato, rigido, incoerente.
Con il tempo, perdono la spontaneità.
Non sanno più come rispondere.
Dicono mezze verità, cambiano versione, sembrano sfuggenti.
E così non vengono più creduti nemmeno quando dicono la verità.
Non perché siano manipolatori, ma perché la verità è diventata pericolosa.
E loro, semplicemente, non sanno più come si fa a dirla bene.
Come imparare a proteggersi
Non serve diventare bugiardi.
Ma serve riconoscere quando è meglio non esporsi.
Una strategia possibile è questa:
“Preferisco non rispondere, non perché voglio nascondermi, ma perché non so se questa è una domanda che può essere accolta davvero.”
Oppure, più semplice:
“Non mi va di raccontarlo. Preferisco omettere che mentire.”
Allenarsi a mettere questo tipo di filtro non è un tradimento.
È un atto di protezione.
Perché non tutta la verità va consegnata a chiunque.
E non ogni silenzio è una bugia.
Un tratto neurodivergente
L’ipersincerità non è un difetto del carattere.
È un tratto comune nelle persone neurodivergenti, in particolare in chi è nello spettro autistico.
Non si tratta di maleducazione, ingenuità o impulsività.
È un modo diverso di percepire il linguaggio, il contesto, le relazioni.
Capirlo non serve solo a spiegarsi.
Serve anche a togliersi di dosso la colpa che tanti si portano addosso da una vita.
Per chi si è riconosciuto in queste righe
Se ti sei rivisto in queste righe, non stai sbagliando tutto.
L’ipersincerità non è un difetto.
Non sei fuori posto.
Non sei rotto.
Hai solo un modo di funzionare che non è fatto per l’ambiguità.
La tua verità ha senso.
Solo che non puoi lasciarla in mano a chiunque.
Con la consapevolezza puoi approfondire la tua condizione e vivere meglio…
prova cominciando ad applicare le strategie che ho descritto in questo testo.
Marie Helene Benedetti
Presidente dell’associazione Asperger Abruzzo